COME SI SCRIVE UNA BUONA RELAZIONE DI LABORATORIO

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Alcune idee e consigli su come si scrive una relazione di laboratorio

1. La lista delle idee

All’inizio è importante visualizzare con un solo colpo d’occhio tutti gli argomenti che vogliamo includere nella relazione. In questa fase preliminare, la scaletta non è molto adatta: rischiamo di scrivere le parole in sequenza ordinata e poi accorgerci che vogliamo far comparire un argomento più in alto o più in basso… Si comincia a cancellare e riscrivere di continuo, e il foglio pasticciato che abbiamo davanti già ci scoraggia. Meglio adottare il clustering, cioè la tecnica del grappolo. Si traccia un “chicco” al centro e ci si scrive dentro il titolo della relazione. Poi si fanno tante linee che collegano altri “chicchi” con gli argomenti collaterali. Le linee e i nuovi “chicchi” non devono partire per forza dal centro: ogni elemento può essere a sua volta il centro di un nuovo grappolo. Questa tecnica ci permette di visualizzare tutti gli argomenti senza gerarchia. Sembra tutto disordinato, ma la fase dell’ordine viene più avanti. Be patient…

2. La raccolta della documentazione

Terminato il grappolo (ed eliminati gli argomenti in eccesso), bisogna pensare alle fonti. Cioè dove prendo le notizie e i dati che mi servono per scrivere la relazione

Una volta trovate le fonti e la documentazione necessarie, fatene subito un elenco preciso o comunque tenetele a portata di mano. Nel corso di una relazione seria si citano sempre le fonti da cui abbiamo tratto le informazioniMeglio ancora se alla fine compare un elenco con tutti i riferimenti: l’idea è che ognuno dei vostri lettori dovrebbe poter verificare se avete detto il giusto.

3. La scaletta e la struttura 

Adesso avete il grappolo degli argomenti da trattare e le fonti di informazione. E’ il momento di fare una scaletta. Cioè un elenco, stavolta in ordine gerarchico, dei capitoli del vostro libro.La scaletta è l’abbozzo dell’indice: se avete lavorato bene, alla fine i due dovrebbero quasi coincidere. Non avrete certo pensato di fare una relazione senza indice, vero?

Quanto alla struttura, una relazione classica secondo me ha due facce fondamentali, come la medaglia: analisi e sintesiIntroduzione (brevissima) e conclusioni ci devono essere, ma in fondo sono aspetti secondari di queste due fasi.
Nella fase di analisi introduco l’argomento, analizzo ciò che è successo, fornisco i dati. Nella fase di sintesi interpreto ciò che è successo e suggerisco dei comportamenti per il futuro. 
Non necessariamente le due fasi devono essere in sequenza così netta, ci possono essere anche alternanze.

4. Il processo di scrittura

Mentre iniziamo a scrivere, facciamoci una domanda essenziale: per chi stiamo scrivendo? Il testo e il suo stile saranno diversi se la relazione va in mano al consiglio di amministrazione di una banca, a un team di colleghi per un progetto comune o al preside della scuola.

In ogni caso, per scrivere valgono alcune regole fondamentali, le stesse che trovate all’interno di questo sito: frasi leggere con poche subordinate, niente giri di parole né stile ampolloso, pochi avverbi e limitato uso di parole astratte. Il gergo tecnico è ammesso solo se la relazione sarà letta da addetti ai lavori. 
Il linguaggio dovrà essere preciso
: se per descrivere un fenomeno avete usato un termine, usate sempre quello; se volete usare sigle e acronimi, la prima volta dovete spiegare per esteso cosa significano; se citate da altre lingue, controllate sui relativi vocabolari; controllate l’ortografia; leggete con attenzione i punti: 6, 7 e 9.

5. Uso di grafici e tabelle

Un elenco di numeri dentro un paragrafo di testo è poco sopportabile. Si legge male, si memorizza peggio. Se dovete citare parecchi dati numerici per dare forza ai ragionamenti della relazione, usate grafici o tabelle. In questo modo le relazioni tra i numeri saranno chiare a tutti in un attimo.

E poi i grafici tornano utili in caso di proiezione di slide, perché oggi è difficile che una relazione venga distribuita solo in versione cartacea. 
La scelta tra grafici a colonna, a torta e simili
non è solo una questione di gusto, dipende dal tipo di dato che dovete raffigurare. Se siete un umanista e la cosa vi crea più di un dubbio, chiedete aiuto a un collega laureato in materie scientifiche. Gli ricambierete il favore la prossima volta…

6. Le tecniche di esposizione

Durante l’esposizione degli argomenti è utile ricorrere ad alcune tecniche tipiche della relazione: l’elenco; il confronto; l’esempio; la citazione; la descrizione, o il riassunto. Facciamo l’ipotesi che l’azienda in cui lavorate abbia svolto dei corsi di formazione presso le associazioni di categoria per selezionare impiegati da assumere.

  • Se dovete illustrare gli argomenti di ogni corso, ricorrerete alla lista per punti con relativi sottolivelli (tecnica dell’elenco).
  • Se dovete dare un giudizio di qualità sulla preparazione finale dei partecipanti, potete citare il voto medio raggiunto nella precedente edizione e il voto medio di esperienze simili in altre associazioni (tecnica del confronto).
  • Se volete riportare le osservazioni dei partecipanti sulla qualità della docenza, potete citare esattamente le frasi che avete ascoltato da loro (tecnica della citazione).
  • Se volete riportare il giudizio complessivo sulle classi da parte di docenti, potete riassumere in un paio di paragrafi il loro pensiero, tenendo presente degli indicatori precisi, altrimenti il resoconto sarà confuso (tecnica del riassunto).
  • E così via… Meglio se a categoria di argomento uguale corrisponde tecnica uguale.

7. Lo stile: pertinenza e coerenza 

Lo stile della relazione deve essere pertinente, cioè deve adeguarsi al contenuto e ai destinatari.

Se sono un genitore che nell’ambito di un incarico scolastico scrive una breve relazione a uso degli altri genitori e del corpo insegnante, non è il caso di scrivere con tono oratorio, parole lunghe, avverbi in quantità. Sarà bene, anzi, che mi ricordi del mio pubblico eterogeneo, con vari livelli di istruzione e dunque cerchi di tenermi sul semplice. Che, attenzione, non vuol dire piatto e banale.

Se scrivo una relazione su un investimento strategico per l’azienda e mi leggerà l’amministratore delegato, posso adottare uno stile più elaborato, usando un linguaggio preciso, inglesismi (senza esagerare), lessico variato, ritmo vivace con alternanza di frasi brevi e lunghe. A tutti si raccomanda comunque la sintesi
Dopo aver scritto una frase, o un paragrafo, rileggetelo con l’obiettivo di tagliare almeno il 30% delle parole. 
Microsoft Word, il più diffuso editor di testo, ha una funzione (Menu Strumenti/Conteggio parole) che consente di contare parole e caratteri: è facile dunque fare un confronto tra il “prima” e il “dopo” e sfrondare quanto più è possibile.

Lo stile deve inoltre essere coerente, cioè mantenersi sullo stesso registro formale dall’inizio alla fine. 
La coerenza deve applicarsi anche alle scelte formali, come:

  • Tipo e corpo del carattere: devo fare una scelta all’inizio per stabilire quale usare per il testo e quale per i titoli. Si raccomanda un carattere sobrio e molto usato: no a quelli fantasiosi, ai maiuscoletti eccetera. Andranno bene il Times New Roman, l’Arial, il Verdana, il Courier.
  • Trattamento delle parole straniere: corsivo (meglio) o virgolettato? In ogni caso sempre uguale.
  • Per evidenziare una parola o una frase il grassetto (meglio) o il sottolineato? Anche qui, attenersi alla scelta iniziale.
  • Le liste per punti: qualunque stile scegliate, tenetelo sino alla fine. Idem per le note.

8. Il titolo e l’abstract 

Sembra un suggerimento ovvio, ma il titolo deve essere “parlante”. Mi deve far immaginare proprio quello che c’è dentro il testo.
L’ideale sarebbe scrivere il titolo definitivo alla fine del lavoro (io lo faccio spesso). Un titolo vago, da enciclopedia, farà scattare una reazione del tipo: “Sì va bene, poi la leggo, adesso ho da fare”. 
E’ come chiedere agli amici di venire al cinema senza sapere nulla del film: il titolo è l’unico elemento che può invogliarli a partecipare. Allora scrivetelo bene.

Un buon amico del titolo è l’abstract, che va collocato all’inizio della relazione, in apertura. Un testo breve di circa 300 parole che, nella prima riga, di solito contiene una sorta di sottotitolo, ovvero una formulazione concisa dell’argomento della relazione. Concisa ma capace di dare elementi in più rispetto al titolo. 
Le frasi successive devono “fotografare” in sintesi il contenuto della relazione. L’abstract deve essere un po’ pubblicitario, deve suggerire al lettore il vantaggio che ricaverà dalla lettura della relazione e convincerlo a girare la pagina. Il tempo verbale è l’indicativo presente. Se la relazione è molto lunga, potete scrivere un abstract brevissimo all’inizio di ogni capitolo. La tecnica da adottare in questo caso è quella usata dai giornalisti per scrivere l’occhiello, quel breve testo che sta sotto al titolo dell’articolo.

9. La proprietà espressiva 

E’ bene scrivere da subito curando la proprietà espressiva, ma un ruolo importante sarà affidato alla rilettura che farete a lavoro terminato. La rilettura migliore poi, è quella fatta da un’altra persona (l’editor). Magari anche non del ramo, anche il partner o l’amica del cuore vanno bene, perché potrebbero cogliere (anzi, lo faranno sicuramente) alcune incongruenze che si notano bene “da fuori” ma non dal punto di vista dell’autore. Anche se sgradevole, il ruolo dell’editor è utilissimo

Comunque, per essere sicuri di avere scritto con proprietà, verificate almeno questi aspetti:

  • I tempi verbali delle frasi: il presente è il più adatto nelle descrizioni, il passato prossimo o remoto nella ricostruzione di fatti trascorsi. Una volta fatta la scelta, controllate che non vi siano passaggi bruschi da un tempo all’altro e che il rapporto tra passato e presente sia coerente.
  • Il soggetto della frase deve essere sempre espresso. Non date niente per scontato, perché mentre voi avete chiaro il “flusso” degli argomenti dall’inizio alla fine, il lettore potrebbe accedere direttamente a una pagina specifica. Se il soggetto sottinteso è chiaro a voi, non lo sarà altrettanto per lui. Se usate dei pronomi, siate sicuri che sia chiaro a chi si riferiscono: esso, questi, -lo, -la, -ne a volte sono evidenti solo per chi scrive.
  • Usate i connettivi per legare le frasi una all’altra (congiunzioni, avverbi, pronomi). Tante frasi “secche” accostate una all’altra non fanno un testo.
  • Assicuratevi che le informazioni fornite siano in rapporto logico con la premessa. Non posso scrivere un paragrafo sui metodi di valutazione e poi inserire una tabella con l’elenco dei voti assegnati dal 2000 ad oggi. La tabella è utile, ma non a corredo di questo argomento. Sembra ovvio ma non è così.
  • Assicuratevi, a livello più generale, che le conclusioni siano in perfetto collegamento con il titolo della relazione e con l’abstract. A volte partiamo con l’idea di dimostrare una certa tesi, ma durante la scrittura troviamo interessanti alcuni risvolti non previsti. Il rischio è che si arrivi a una destinazione non coerente con il titolo e l’introduzione.

Osservazioni e conclusioni: 

Analizza i risultati in modo critico, mettendoli cioè in relazione agli obiettivi indicati all’inizio. Va bene ripresentare i risultati dei calcoli, cioè dire: “la misura ottenuta per la tale grandezza è …”, oppure “riportando su un grafico la grandezza in funzione della grandezza si ottiene…”, ma non basta! Devi dire cosa puoi dedurre dai risultati ottenuti.
Se l’obiettivo è verificare una certa legge studiata in classe, non scrivere solamente “la legge xxxx è stata verificata”; scrivi se e perché i tuoi risultati sono in accordo o meno con tale legge, e, in caso negativo, i possibili motivi per cui non lo sono.

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